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Riflessioni dopo il caso Polidori: "spunti di minoranza"

A partire dalla mia esperienza associativa, non posso vivere i fatti di questi giorni senza tener conto dell'interessante ruolo che gioca la cosiddetta pedagogia della politica, ossia quel compito educativo ed orientativo di chi si assume l'onere e l'onore di occuparsi di politica. Da questo punto di vista, un modo di agire così diretto, spicciolo e terreno può, da un lato, giovare la percezione di concretezza e immediatezza delle azioni e delle soluzioni trovate da un amministratore a favore della collettività. Dall'altro, se è ancora vero che chi amministra la res-publica svolge anche compiti pedagogici (piaccia o no), tali azioni possono suscitare in ogni cittadino una sorta di autorizzazione, per esempio, a buttar via ogni oggetto che deturpa il decoro urbano secondo il proprio parere. Potrei così anch'io insegnare a mio figlio che se trova un libro ed un quaderno senza nome in corridoio della scuola, questi possono essere gettati via. Giungendo fino al paradosso che se c'è qualcosa (o qualcuno) di maleodorante in classe può essere gettato via, accantonato e con soddisfazione emarginato.

E così, purtroppo, mi sento sempre più spesso spettatore assuefatto da leaders le cui azioni nella gestione della "cosa comune" mettono in discussione molti degli insegnamenti che ogni giorno, attraverso prediche, discussioni e testimonianze cerco di infondere ai miei figli. Una domanda però, a questo punto, mi sorge spontanea: azioni di questo tipo sono l'esito di un pensiero veramente maggioritario? In altre parole, siamo veramente così pochi che preferiamo rispettare l'essere umano anche a costo di giungere ad alcuni compromessi con il decoro urbano; disposti dunque a scegliere la strada più lunga, la meno efficiente ma pienamente coerente con la più ampia gamma di valori che sono stati insegnati da decenni da genitori, maestri, carismi di alto profilo e padri costituenti della nostra ormai scalcinata Repubblica? Siamo veramente così pochi a ricercare una faticosa opera di sviluppo dell'intera comunità, di progresso collettivo all'insegna dei valori della democrazia? È possibile che a livello nazionale appare più credibile un ministro che insulta magistrati, che invade i campi di indagine delle forze dell'ordine, che usa liberamente espressioni da film come "marcire in carcere" peraltro in assenza di un verdetto del giudice? No! Io non posso pensare che questo sia realmente il pensiero dominante dei cittadini italiani. E nemmeno dei miei concittadini.

Si badi poi, che esiste a mio parere un ulteriore importante aspetto che purtroppo non ho riscontrato in nessun punto di vista in questi giorni, perché giustamente concentrati sulle specifiche sorti del clochard o piuttosto sulle comprensibili tattiche di maggioranza/opposizione. In effetti sono convinto che l'azione del vicesindaco, oltre ad essere discutibile nel merito specifico, mette in luce una straordinaria confusione che viviamo ogni giorno tra azione politica (in senso aristotelico) ed azione amministrativa o di governo. L'idea di agire in prima persona non può essere letto come un elemento di valore per misurare un buon amministratore, l'azione alacre di pulizia svolta da colui che pro-tempore ha il compito di amministrare un'organizzazione comunitaria va, a mio parere, al di là della semplice testimonianza e del buon esempio. La "macchina comunale" è una struttura complessa ed un buon amministratore si muove attraverso scelte e relazioni affinché la macchina stessa, che è di tutti, agisca nell'interesse di tutti. È un compito difficile, lento, possiamo discutere se sia adeguato ai tempi, ma è ancora così fino a prova contraria. Un buon amministratore avrebbe eventualmente fatto sgomberare, avrebbe fatto pulire, avrebbe utilizzato mezzi e strumenti che la comunità di Trieste ha inteso darsi in coerenza con il contesto normativo in vigore. Lo schema Governo-Macchina amministrativa-Cittadini è uno schema che garantisce che le cose vengano fatte tenuto conto delle sensibilità, delle priorità, dei diritti e dei doveri che la comunità si è data.

Questa continua ricerca dell'azione in prima persona, saltando prassi, deleghe e diritti appare più pertinente all'epoca dei feudatari o dei monarchi. Questi ultimi infatti potevano disporre degli oggetti abbandonati, potevano decidere ciò che era decoroso, potevano recludere gli accattoni in prossimità delle chiese. In cambio la comunità, se amministrata bene, poteva godere della sicurezza e della tranquillità di una vita dedicata alla gleba... Bentornato medioevo!

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